Gabriele Zarotti

Il mondo in una stanza.




 

Avrei preferito un’armonica

o un organo di Barberia

e invece

questa mattina mi son svegliato

che  un trapano  girava  lontano.

 

Correva e fremeva senza un attimo di respiro.

Ebbro di ricominciare. 

Mentre io, estraneo al suo entusiasmo,

stavo lì, infastidito da tanta garrula vitalità.

 

Piangevo quei metafisici silenzi appena andati,

e quelle ore  intense e brevi  fra le mie quattro mura,

perso in quell’ozio dolce, 

lontano dal far niente, 

ma così prossimo al sospeso tempo di stiliti e anacoreti,

e al pausare creativo del fare della mente 

tanto amato dagli antichi.

 

Piangevo quella forzata e benvenuta clausura 

divisa con la mia compagna, le poche voci amiche,

e quello sconosciuto  io dentro di me.

 

Tanto che adesso, all’idea di riaprire quella porta,

e uscire allo scoperto

più che sollievo provo un vago sentimento

di turbato smarrimento,

se penso che là  fuori c’è lei,

quella normale realtà vorace 

in agguato  dietro l’angolo,

col suo  beffardo ghigno senza pace.

 

E allora dico a me stesso  

quant’era meglio vivere in disparte

la mia sana e visionaria follia

prigioniero di questa gabbia d’oro

che si chiama fantasia.

 

 

 

 

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Published on e-Stories.org on 13.05.2020.

 
 

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