Mauro Montacchiesi

ENEIDE

 

 

ENEIDE

 

Il suo eterno cammino scrisse il fato,

ed egli fuggì dal fuoco di Troia,

Enea, del cielo infranto, il peso portando,

verso l’Italia promessa o verso l’ignoto.

 

Gemette la terra sotto il suo passo,

e dei caduti, i nomi, sussurrò il vento,

poiché brillava ogni goccia di sangue versato

come su un cielo immoto, una stella.

 

Si piegarono le navi nella tempesta,

furente, Giunone, scosse e ruppe il cielo,

ma dall’ira, Nettuno, il mare destò,

e stanchi gli esuli giunsero a nuove rive.

 

Verso l’incerto destino, tese le mani,

tra gli dèi e i venti che il fato sfidarono.

Spezzata, Enea la gloria raccolse,

dove di Troia ardeva ancora la polvere.

 

Oh, solitario eroe, del futuro padre e figlio,

Anchise sulle tue spalle, e il peso nel tuo cuore,

della città nuova, del latino sogno,

che di Troia, il nobile sangue avrebbe fondato.

 

E vive il mito nel cuore del mondo,

dalle parole soffiato di un antico poeta.

Sulle acque passò Enea dell'Acheronte,

nell'oscurità degli inferi la luce cercando.

 

Delle anime vaganti, nel buio,

per un incerto futuro gridava il suo cuore,

ma all’ombra del padre tese le mani,

nelle lacrime mai piante trovando la luce.

 

Dimenticata regina e ombra ferita, Didone

senza parole partir ti guardò,

e mentre sul tuo cammino piangeva il cielo scuro,

già nel vento le latine guerre fischiavano.

 

Con il cuore e il ferro la città costruisti,

con la spada alzata e il sangue versato,

Roma, che tutte le guerre al tempo vincerà,

dalle rovine sorgendo, di un sogno spezzato.

 

Enea, ma del destino l’uomo tu sei,

che la terra plasma e il caos sfida.

Tra i marosi del tempo scolpito è il tuo nome,

del tuo viaggiare, eterna è la gloria.

 

Ed eterno segno, il tuo retaggio, Roma,

maestà s’innalza, tra il Tevere e i colli,

e il tuo disegno nei millenni porta,

fiamma che mai s’abbassa, che mai si spegne.

 

E io ch’or ti canto, nell'eco immortale,

farsi mio il tuo battito sento,

Enea,

di una stirpe padre e del sogno.

*

Virgilio

Fata viam invenient.

I destini troveranno la loro strada.

 

Estrapolato dalla stessa Eneide, questo aforisma tematizza in che modo la

sorte, malgrado le difficoltà e gli ostacoli, sempre trovi la maniera di realizzarsi.

Pur affrontando lutti, guerre e tempeste, Enea compie infine la missione

che gli dei gli hanno affidato, dimostrando che, alla fine, il fato la sua strada sempre trova.

 

 

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Published on e-Stories.org on 30.11.2016.

 
 

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